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Il copione è un concetto introdotto da Eric Berne e sviluppato nel corso della sua opera. Possiamo considerarlo un ‘piano di vita’, sviluppato a partire dalle esperienze infantili (il protocollo), con il fine di riviverle nel presente, adattando quindi la vicenda iniziale alla realtà quotidiana.
Di fatto il copione, proprio come nel teatro, ‘prescrive’ mosse, battute, stati emotivi, ed ha il fine di continuare a prescriverle nelle diverse situazioni e con le diverse persone che incontriamo.
Berne, in ‘Ciao e poi’, scrive: Ogni individuo decide nella sua prima infanzia la propria vita e la propria morte, e quel programma che si porterà dentro ovunque vada … lo chiameremo il suo copione. Gli aspetti meno rilevanti del suo comportamento riuscirà a deciderli in modo autonomo con la ragione, ma le decisioni fondamentali sono già state determinate ….. Può non essere ciò che vuole, ma è ciò che vuole che sia.
Potremmo chiederci quale sia la finalità ‘adattiva’ nel costruire la propria vita in questo modo. Ebbene, il fine è ‘rimediare’ ai piccoli o grandi traumi che l’hanno plasmato, con l’idea di rimettere in atto ‘la scena’ più e più volte fino ad incappare nella buona riuscita finale.
Possiamo facilmente intuire quanto sia improbabile che ciò accada, data la rigidità che il copione impone, rigidità peraltro dovuta ad un regista bambino, non in grado di fare scelte realmente risolutive. Un bambino che spera di redimere i genitori o chi per essi, ottenendone finalmente quanto ha tanto desiderato.
Tutta l’opera di Berne è importante per lo sviluppo del costrutto teorico ed operativo di copione, ma in particolare ‘Ciao ! E poi…?’, Bompiani. Una buona spiegazione, a mio avviso, si trova nel piccolo volume di Fabio Ricardi, ‘L’analisi transazionale: il sé e l’altro’, Xenia Editrice.
Dott.ssa Valentina Cozzutto
Psicologa Psicoterapeuta a Monza (MB)