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La sensibilità, per come la intendiamo, è la propensione di una persona ad essere emotivamente smossa da fatti, interazioni, emozioni cui partecipa o anche solo assiste. Diciamo che è sensibile una persona che dimostra frequentemente reazioni emotive, o ne ha di particolarmente intense.
L’ipersensibilita’ è un tratto presente in circa il 20% della popolazione. La persona altamente sensibile è caratterizzata da un’elevatissima recettività agli stimoli, non solo emotivi, ma anche sensoriali. Rumori forti, immagini molto vivide, sensazioni tattili intense possono essere fonte di disagio o fastidio, proprio per l’elevata sensibilità percettiva. Lo si può osservare già da neonati: un bambino con queste caratteristiche sarà un neonato facilmente disturbato da suoni e rumori, che per dormire ha bisogno di più tranquillità o di costante protezione (se fuori casa, dorme solo tra le braccia), che piange tanto in reazione a variazioni anche piccole del suo ambiente.
È un tratto ereditario, questo significa che un genitore ipersensibile facilmente avrà almeno un figlio con queste caratteristiche. Ed avere a che fare con un figlio ipersensibile è molto difficile, soprattutto se alle usuali preoccupazioni genitoriali si sovrappone un ‘Non voglio che soffra come me.’
Perché un genitore penserebbe questo? Perché un’acuta sensibilità sottopone a continue sollecitazioni,e richiede tempo ed energia: per elaborare la gran mole di informazioni e sensazioni. Questa persona potrebbe ben essere più lenta e riflessiva. Spesso è poco competitiva. Ora immaginiamocela a scuola, in mezzo ad un gruppo di bambini scalmanati (com’è giusto che sia), o a gestire i primi legami e dinamiche di gruppo. Probabilmente farà più fatica dei coetanei, alle volte si sentirà diverso, strano; qualche volta, emarginato.
Proprio per le caratteristiche di elaborazione degli stimoli che la caratterizzano, la persona molto sensibile fa fatica ad assorbire i cambiamenti, e questo vale doppiamente per i bambini (è noto che hanno bisogno di più tempo per affrontare i cambiamenti).
Purtroppo queste caratteristiche vengono spesso considerate come fragilità. Essere troppo sensibili non va bene. Non va bene piangere troppo (specialmente se sei un maschio), non va bene essere troppo empatici (resti fregato), bisogna farsi il carattere. Invece di aver cura di quel carattere di cui si è dotati, con tutte le sue (importanti) caratteristiche.
Ho pensato di intitolare questo articolo ‘elogio della fragilità’, rendendomi poi conto che così facendo, avrei solamente confermato un pregiudizio, che a quanto pare ho anch’io; questo pregiudizio va affrontato e smantellato. Tutti noi abbiamo la possibilità di riconoscere ed apprezzare le nostre particolarità caratteriali e di fare lo stesso verso gli altri.
Può accadere a queste persone di sentirsi dire ‘Tu pensi troppo!’ Questo accade per due motivi: un motivo è la tendenza a razionalizzare e cercare spiegazioni per un inaccettabile eccesso di sensazioni emotive, che fa pensare che la difficoltà di questa persona consista nel rimuginare troppo; l’altro è la cronica ipervalutazione degli aspetti cognitivi che domina socialmente. La realtà è che sentono troppo. Troppo e troppo frequentemente per gli obiettivi socialmente rilevanti (fare, riuscire, arrivare da qualche parte, che sia ad una relazione, ad un evento sociale o ad un lavoro).
Quando arriveremo a dare la giusta importanza all’emotivita’, all’affettività, alla riflessione, nessuno starà più a studiare il tratto dell’ipersensibilità. Ci sarebbe forse qualche testo dal titolo ‘Come aumentare la tua sensibilità in 10 passi’, mi auguro tuttavia di non vedere mai nulla del genere: vorrebbe dire che, ancora una volta, non abbiamo imparato granché.
Se vi interessa il tema, leggete il ben noto testo di Rolf Sellin, ‘Le persone sensibili hanno una marcia in più’, e ‘I bambini sensibili hanno una marcia in più’, ed. Feltrinelli.
Oppure il testo di Elena Lupo, ‘Il tesoro dei bambini sensibili’, ed. Il leone verde. Potete consultare anche il sito www.personealtamentesensibili.it.
Dott.ssa Valentina Cozzutto
Psicologa Psicoterapeuta a Monza (MB)