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Oggi è il giorno giusto per parlare di libertà. Un tema saliente in un momento in cui siamo privi di molte libertà che abbiamo sempre considerato inviolabili.
Ad esempio, fare un pic-nic con gli amici, o un pranzo al ristorante.
Dalla nuova prospettiva in cui ci troviamo, possiamo allora guardare un po’ al di fuori del nostro giardino.
Già, perché ci sono persone, tante persone, per cui queste libertà sono tutt’altro che scontate. Persone che rischiano di esser guardate male, allontanate o maltrattate solo per l’appartenenza ad un gruppo minoritario.
Immagino stiate pensando agli immigrati ed al razzismo. Ed è giusto pensarci.
Vi sono però gruppi di persone che subiscono pesanti discriminazioni di cui nessuno parla, o di cui si parla molto poco, sicché queste discriminazioni diventano quasi invisibili.
Immaginiamo di avere la faccia rossa. Non tanto rossa, ma quel che basta perché si noti. Tutti ti guardano e bisbigliano. Qualche famigliola si allontanerà (metti caso sia contagioso). Ma succede solo a te ed a pochi altri, perciò nessuno ci fa caso. Butti tutto giù, e quasi quasi ringrazi se qualcuno ti rivolge la parola.
Adesso immaginiamo un prato pieno di famiglie, ed una coppia di ragazze innamorate. O un gruppo di amici tra cui ci siano delle persone trans.
Quanta differenza ci sarà dall’immaginario personaggio con la faccia rossa? Con in più un’aggravante, ovvero l’erronea convinzione che molti hanno, che identità ed orientamento sessuale siano qualcosa che scegli, e non invece, il risultato di un processo biopsicosociale; che più intuitivamente possiamo immaginare come un lungo e tortuoso percorso, guarda un po’: né più né meno di ciò che accade per qualunque aspetto identitario.
Nel caso qualcuno ancora ne avesse il dubbio, dunque, non solo non è contagioso, ma nemmeno una malattia. L’omosessualità è sparita da lungo tempo dal DSM, mentre per quanto riguarda le persone transessuali, persiste nel DSM-5 solamente la diagnosi di disforia di genere (sulla quale vi è comunque un certo dibattito). Nell’ICD 11 si parla invece di Incongruenza di Genere, peraltro nel capitolo Condizioni correlate alla salute sessuale: eliminando in toto qualunque riferimento al concetto di disturbo o malattia, e ponendo invece il focus su quello di salute sessuale.
Uno dei motivi usati più di frequente per rifiutare persone che non siano eterosessuali, o la cui identità sessuale non corrisponda agli organi genitali con cui è nato*, è che certe identità, espressioni della propria identità, o orientamenti sessuali non sono ‘naturali’. Il grosso problema nel guardare a ciò che è naturale è che nel farlo selezioniamo accuratamente le direzioni nelle quali guardiamo. Come spiegano molto bene Barker e Iantaffi in ‘Life isn’t binary’**, possiamo trovare, nel mondo animale, le stesse varietà di comportamento sessuale che usualmente consideriamo innaturali, ed al contempo, facciamo ricorso tutti i giorni a mezzi tutt’altro che naturali (quali stare ore al cellulare parlandoci con messaggini e faccine, o prendere un aereo). Potremmo anche rovesciare la prospettiva, considerando che se anche fosse vero che le relazioni omosessuali, ad esempio, non sono naturali, non è detto che il naturale sia un bene (le malformazioni genetiche possono essere del tutto naturali e portare alla morte); la malattia è naturale, eppure ci opponiamo ad essa con tutti gli strumenti della scienza medica. In conclusione, la distinzione tra sesso o sessualità naturale/sesso o sessualità innaturale, è del tutto inutile e fuorviante.
Nell’introduzione di ‘Sexuality and gender’***, gli autori scrivono:
We are also not concerned with what is ‘natural’. Most of what people do is not natural (riding bicycles, cooking food, reading and writing books) and much that is found in the natural world (fighting over resources, mates and territories) is not pleasant.
We also do not concern ourselves with morality as such because much of it is socially derived and specific to time and place. What we do concern ourselves with, morally, is the distinction between transgression and coercion…****
Come ben rimarcano gli autori, il consenso è l’aspetto rilevante quando approccio il complesso ambito delle relazioni sessuali. Una relazione è ok quando vi è consenso tra i membri a proposito del tipo di relazione e delle pratiche sessuali che sono accettabili e desiderate da entrambi. L’identità di genere è ancora un’altra cosa e merita un discorso a parte, ma in questa sede possiamo ben chiederci, come spesso invitano a fare Barker e Iantaffi, quanto una visuale binaria del genere, che prevede due generi cui sono correlate caratteristiche culturalmente predefinite, possa precludere a livello di identità a chi non si identifichi nell’uno o nell’altra, o si identifichi prevalentemente in un genere non corrispondente a quello assegnato alla nascita.
Buona festa della liberazione, con l’augurio che possiamo tutti apprezzare la libertà di esprimere noi stessi, e riconoscere questo diritto a chi si pone al di fuori delle categorie con le quali abbiamo sempre diviso gli altri in ‘noi’ e ‘loro’.
*Molte persone faticano ad identificarsi come femmina o maschio, riconoscendo in se stessi una complessità di caratteristiche per le quali rifiutano un’etichetta sulla propria sessualità, definendosi alle volte come queergender, agender, o in altri modi ancora; rifiutano in sostanza una visione binaria della sessualità, con tutto ciò che l’etichetta ‘maschio’ o ‘femmina’ comporta.
**Life isn’t binary, Meg-John Barker and Alex Iantaffi, Jessica Kingsley Publishers.
***Sexuality & Gender for mental health professionals, Christina Richards and Meg Barker, Sage Publications
****Non siamo particolarmente preoccupati di ciò che è ‘naturale’. La maggior parte delle cose che la gente fa non è naturale (andare in bicicletta, cucinare il cibo, leggere e scrivere libri) e molto di ciò che avviene nel mondo naturale (combattere per il cibo, il partner o il territorio) non è piacevole. Non ci soffermiamo nemmeno sulla moralità in sé perché ciò che pertiene alla moralità è socialmente determinato e specifico per quel tempo e quella zona. Ciò di cui ci preoccupiamo, moralmente, è la differenza tra trasgressione e coercizione.
Dott.ssa Valentina Cozzutto
Psicologa Psicoterapeuta a Monza (MB)